Mostra Albissola Marina 2021
CONCRETE DIVAGAZIONI
Testo: Tommaso Dandolo
«Io sono sempre stata come sono
anche quando non ero come sono
e non saprà nessuno come sono
perché non sono solo come sono.»1
Quando, per pura casualità, sono incappato nella lettura di questo pensiero aforistico della poetessa Patrizia Valduga, ho subito comparato quest’esperienza introspettiva con la ricerca artistica della scultrice Anna Matola. Una vita, quella di Anna, fatta di sculture. Le sue “variazioni” plastiche possono apparire in superficie puri esercizi di stile o prove di virtuosismo retorico. Esse invece si presentano come indagini figurative sul manifestarsi dell’umano nelle sue molteplici, caratterizzate, e autentiche articolazioni, o divagazioni.
Infatti, in pertinente analogia con le fasi della maieutica socratica, il lavoro interpretativo di Anna si fonda sulle prime impressioni che l’individuo formula “in dialogo” con il soggetto che percepisce. Lei disegna nella sua mente quello che ricorda delle persone che ha incontrato, di ciò che ha visto, letteralmente “tirando fuori” dall’esperienza visiva ciò che è rimasto nascosto all’interno dell’oggetto della sua attenzione, il lato implicito, un punto di vista laterale, velato alle apparenze.
Il con-cret-izzarsi di questo pensiero si ritrova nelle sue sculture in terracotta refrattaria, dipinte con ingobbi stesi a crudo. I colori pastello tenui e nitidi sviano il visitatore occasionale dalla comprensione del soggetto rappresentato, i cui dettagli “caratterizzanti” arrivano a volte a mostrare anche aspetti d’inquietante iperrealismo. Tuttavia l’estrema pulizia del modellato e le forme armoniche restituiscono una visione d’insieme limpida e serena delle sue opere. In un secondo momento l’osservatore più attento riconoscerà in questa sensazione rasserenante una dimensione confidenziale, intima, di empatica e accogliente complicità.
La tecnica antica della modellazione dell’argilla per Anna non preclude, ma anzi preserva una visione di assoluta contemporaneità. La scultrice manipola i suoi “modelli”, converte le proprie riflessioni percettive, attraverso studio e metodo, in declinazioni narrative e personali elaborazioni che si identificano come esemplari unici. L’artista gioca con l’effetto di straniamento causato da corpi stanti,
1 Patrizia Valduga, Quartine, seconda centuria, Torino, Einaudi Editore, 2001, p. 9 (n. 107).
decontestualizzati. Il suo è un linguaggio personale e astraente, dove le figure, assorte in particolari condizioni d’animo, sono personaggi accomodati dall’autrice in pose disimpegnate, libere o insolite.
Le opere, per quanto si possano percepire come statiche, conservano un certo fervore metafisico, data l’originale compostezza della loro composizione. Nelle Nature morte, ad esempio, un’Anna miniaturizzata si muove con naturalezza fra alcuni “oggetti di scena” attinti dall’immaginario domestico dell’oggi. La scultrice cerca quindi di rincorrere attraverso i suoi lavori una personale verità, che però è sfuggevole. In ultima battuta entra in gioco nella sua poetica l’elemento dell’ironia, un’ironia pungente, socratica per l’appunto.
1 Patrizia Valduga, Quartine, seconda centuria, Torino, Einaudi Editore, 2001, p. 9 (n. 107).
Testo: Alida Gianti
Traduzione: Anna Maria Biavasco
Catalogo Anna Matola 2019
Anna Matola’s works have always aroused my interest, ever since I had the opportunity to follow her artistic development. My first memories of her works date back a long time and have become a little hazy, but I think I needed time to understand the deeper meaning of her artistic research.
The artist has drawn and painted since she was a little girl, but at school and university she studied science and humanities – not art. However, Anna has extraordinary creative skills, which are expressed through sculpture, in three dimensions, with particular emphasis on the human body (but not exclusively, as we shall see). Her penchant for human forms goes beyond the realistic reproductions of friends and people who frequent her workshop – a lovely, and loving, divertissement. There is much more to it.
But as we enter Anna Matola’s studio we are welcomed by a beautiful reproduction of an ancient statue, which, glazing it, becomes - intriguing calling card – a pop-sculpture and by the portrait bust of a well-known local character – the likeness is amazing.
What is Anna’s material of choice? Clay. It may sound predictable, as the sculptress has been living in Albissola Marina since 2006. But Anna does not describe herself as a ceramicist or a ceramic artist, even though she lives among them. While clay modelling has always come natural to her, Anna never wanted to explore the wide range of ceramic technical and artistic aspects. Clay is just a medium for her sculptures, the real focus of the artist’s research, where she expresses to the full her creative soul, shaking observers out of their apathy.
When Anna Matola’s sculptures become installations, as in Identities or Hortus Virentium, the effect can be astonishing.
A young man standing opposite another young man, very similar except for the head – one of them sports a blackbird’s head, with a big beak. Upsetting, but not threatening. The image of an animal as a way to go beyond a mere image, and include in the portrait temperament and moods.
In Hortus, everyman has a vegetal attribute in lieu of his penis and bears the Latin or botanical name of his plant. One cannot but wonder about the reasons behind the choice of those plants, about the connections between specimens, about the identities they hint at. According to the title, it is a collection of botanical specimens, provokingly transposed into a row of men – HortusVirentium, a green garden. But vir in Latin means man: a garden full of curious men, another way of looking at the “other half of the sky”.
Anna Matola plays with identity reflecting and by means of collections, but also with emotional correspondences and exchanges. One of her installations consists of a puzzled looking boy with his fists on his hips and a little chimpanzee scratching its head. And what about Der Renner, a still runner with a handsome muscular body and a horse’s head?
With her new Nature Morte installations, Anna Matola confirms her extraordinary talent – 3-D Flemish painting style compositions of fruit, vegetables, bread, cheese, eggs, containers are offered side by side with their digital pictures, returning them to the “original” two dimensions. The impact is quite strong, but it becomes even stronger when the artist herself enters her own art. With gentle irony, the scuptress portrays herself smaller than her works. The effect is a little unsettling, but stimulating and funny. A truly original way to mark a new step in a convincing and successful artistic career.
Mostra Palazzo Ducale di Genova 2010
Presentazione di Romano Morlotti
Un aspetto a prima vista delle opere in terracotta che Anna Matola ci propone in questa mostra genovese, è il realismo delle forme; esse riproducono le cose così come, attraverso gli occhi, il cervello ce le configura immediatamente al primo sguardo.
È un realismo che però ha una valenza inquietante, oltre che affascinante per una certa amabilità e per una sorta di imperturbabilità da effige buddista, che traspare dai tratti delle figure umane riprodotte.
Il che lo si avverte nel tempo, nel soffermarsi, magari indiretto, dello sguardo e nel lasciarsi andare alla visione.
Inquietante perché, come ogni effettiva opera d’arte, queste figure, con il potere che hanno di farci cogliere in un modo o nell'altro delle verità del nostro esistere, assieme al piacere (dell’artista e di noi fruitori) che tale atto conoscitivo dona, ci suggeriscono e ci fanno avvertire la precarietà di tutto ciò che amiamo, e la nostra.
Rimemorazione e nostalgia, dunque, ma anche un gioco, gioco creativo, magari un po' ironico, un po' provocatorio, comunque amabile, dell’artista con sè stessa e al quale siamo invitati a partecipare, declinando la nostra percezione di quelle forme con il senso che ci trasmettono o evocano in noi.
Sta in questa valenza di produrre siffatta tonalità emotiva, che le sue opere hanno - opere ottenute attraverso una deliberata sottrazione di ciò che è sentito superfluo nell’opus alchemico del suo fare - una presunta essenzialità, e autenticità, alle quali Anna Matola alludeva in una conversazione quale forza trascinante della sua ricerca?
In ogni caso è questione di stile, di linguaggio artistico, e quindi di materiale, ovvero di rapporto tra l’opera ed il suo substrato materiale.
La terra soprattutto, che Anna elabora manualmente, con un coinvolgimento che direi sensuale, viscerale addirittura, per impiegare una sua espressione.
Noi stessi, da fruitori, vorremmo magari sfiorarle con le dita, toccarle, queste terre cotte, sentire quelle ‘vibrazioni’ che l’artista dice di avvertire nel manipolare la terra cruda.
Ed è, infine, questione di tecnica.
Sono fattori questi accennati, che alla nostra artista certo non difettano, come credo che le opere qui raccolte, per quanto in numero limitato, mostrino.
Aus der Präsentation der Ausstellung in Frankfurt 2013
Galerie Braubachfive
Die Figuren aus Terrakotta von Anna Matola haben vor allem reale Menschen und Tiere zum Vorbild und sind extrem naturalistisch in ihrer Form und Farbigkeit.
Dargestellt werden die Menschen aus ihren näheren Umgebung in ihren Alltagsbeschäftigungen.
Die Arbeit mit Ton gehört zu den ältesten Kulturtechniken der Menschheit und Ton ist damit einer der ältesten Werkstoffe der Menschheit.
Das ist also ein Material, das schon sehr früh bekannt und für handwerkliche und künstlerische Erzeugnisse verwendet wurde.
Anna Matola formt und bearbeitet den Ton und modelliert ihre Stücke nicht aus Matrizen, die Skulpturen werden also nicht mehrfach aus Negativformen gepresst, sind keine Serienanfertigung, sondern sind Unikate.
Besonders gelungen ist der Künstlerin die Oberflächengestaltung, sozusagen die Haut der Figuren.
Die Oberfläche ist oft nicht geglättet und poliert, sondern fällt durch viele kleine Poren und winzige Unregelmäßigkeiten auf. Dadurch leben und vibrieren die Skulpturen, und das Ganze bekommt eine besondere Plastizität und Natürlichkeit.
Auch bei dieser Technik gibt es Vorbilder in der Antike. Die griechischen Bronzen beispielsweise sind nach dem Guss kalt bearbeitet worden, geglättet und nach dem Glätten wurde die Oberfläche mit Sticheln extra aufgeraut, um den Statuen mehr Leben einzuhauchen.
Vergleiche zur Antike findet Anna Matola auch bei ihren kafkaesken Allegorien. Wir kennen alle die tiergestaltigen ägyptischen Götter, den schrecklichen Stiermenschen auf Kreta, den Minotauros oder die vielen Mischwesen der griechischen Mythologie.
Besonders liebten die Götter ihre weisen Vögel, Athene das Käuzchen, Aphrodite die Taube und Apollon den klugen Raben. In der Erzählung von der Sintflut lässt Noah einen Raben fliegen.
Auch bei Anna Matola erleben wir die Verwandlung Albertos in einen Raben oder sind sie vielleicht von vornherein identisch?
We kennt nicht die unterschwelligen Ängste, plötzlich einem Raubtier, einem Krokodil, gegenübersitzen oder aber einem vertrauensseligen Esel, der auf das anscheinend freundliche Lächeln des Krokodils hereinfällt. Wer hat hier wen über den Tisch gezogen? Das Krokodil den Esel oder vielleicht umgekehrt?
All das würde im Mythos artikuliert und findet sich in den Allegorien der Anna Matola wieder.
Und der Zwerg, der Hofnarr, sitzt kommentarlos daneben.
Die Farbigkeit der Figuren geht ebenfalls auf die Antike zurück, wir wissen heute, dass die griechischen Tempeln und Skulpturen knallbunt waren und nicht weiß. Die Maler, welche die Marmorstatuen der berühmten Bildhauer farbig fassten, wurden höher geschätzt als die Bildhauer selbst. Das ist heute schwer nachzuvollziehen, da die farbigen Fassungen für immer verloren sind.
Auch bei den Skulpturen der Anna Matola sind die Form und die Farbe eine Symbiose eingegangen. Die Farbigkeit bereichert die Form und umgekehrt.
Farbig gefasst sind auch die zahlreichen Fische, jeder Fisch etwas unterschiedlich, ein Individuum.
Ausstellung in Büren an der Aare (CH)
Artisgalerie
Grenchner Tagblatt 02/09/2015
Sich in Tonfiguren entdecken
von Debora Scherrer
Anna Matola stammt aus Turin und hat Literatur studiert. Seit den 90er Jahren lebt sie in Ligurien, in der Gegend, die berühmt für ihre Keramikprodukte ist. Matola lebt und arbeitet in der bekannten Keramikstadt Albissola Marina. Die Italienerin versuchte sich als Musik- und Buchhändlerin und machte vor 15 Jahren ihre Leidenschaft für Kunst zu ihrem Lebensunterhalt.
Die fröhliche Frau erzählt, dass sie schon immer das gemacht habe, was sie wirklich machen wollte. Bereits früh knüpfte sie Kontakte zu Galerien in Berlin, das zu ihrer Wahlheimat wurde. Viele ihrer Ausstellungen sind deshalb in der deutschen Hauptstadt, in Deutschland oder in Italien.
Die Figuren von Matola sind aus engobiertem Ton oder Keramik. Dazu wird die Skulptur bemalt und anschließend einmal gebrannt. Besonders gelungen ist der Künstlerin die Oberflächengestaltung der Figuren. Diese ist nicht geglättet und poliert, sondern fällt durch viele kleine Poren und winzige Unregelmäßigkeiten auf. Dadurch leben die Skulpturen, und das Ganze bekommt eine besondere Plastizität und Natürlichkeit.
Bei den Figuren handelt es sich, wie die Künstlerin selber beschreibt, um „die normalen Leute von heute „. Bei genauerem Hinsehen sind sie dann jedoch oftmals surrealistisch. Matola will mit ihren Werken das Thema Identität ansprechen. „Die Leute wissen oftmals nicht, wer sie sind. Meine Figuren sollen wie ein Spiegel etwas von der Intimität des eigenen Ichs zurückwerfen und zeigen, was hinter der Maske ist“, sagt sie. Indem man die Leute betrachtet, die vor einem stehen, soll man zum Nachdenken angeregt werden.
Mostra IDEA DI NATURA - Palazzo Reale di Genova 2017
Commento di Lorenza Rossi
Nella ceramica Anna Matola utilizza come modelli persone, animali e piante che ritrae fedelmente e talvolta combina tra loro offrendoci con ironia tutti gli indizi e i possibili esiti di quell’ansiosa ricerca di identità per la quale ogni individuo, con ogni evidenza, si interroga.
I suoi personaggi, nudi o vestiti, assumono un aspetto mutevole e ibrido che diventa perfino esemplare, come nell’Hortus VIRentium, dove differenti tipi umani vengono lucidamente descritti e catalogati come all’interno di un libro illustrato di scienze naturali.
Campeggia sulla terrazza una voliera bianca, nella quale sono assiepati, come a ripararsi, decine di uccelli in ceramica che formano una insolita assemblea, dopo aver lasciato, vuoti e abbandonati, i loro nidi di paglia che attendono, pazientemente reali, al di fuori.